Da: CORRIERE DELLA SERA
Come vede gli Stati generali dell’economia? Servono a qualcosa
«Sono utili soprattutto per dimostrare a Ue e Bce che l’Italia fa sul serio e vuole davvero utilizzare il Recovery fund per riforme strutturali — risponde Maurizio Casasco, presidente di Confapi, la confederazione della piccola e media industria privata —. Credo anche che sia positivo il riconoscimento implicito del ruolo delle parti sociali. Ma il cerchio si deve chiudere. Palazzo Chigi deve passare al più presto dalla fase consultiva a quella operativa»
Cosa intende per «fase operativa»?
«Il governo metta nero su bianco un piano delle riforme che vuole attuare con i fondi Ue. Poi lo condivida e ci chiami per dare un contributo alla messa a punto delle misure».
I fondi Ue non sono infiniti. Non si potrà accontentare tutti.
«Ne sono ben consapevole. Tutti siamo chiamati a dimostrare grande senso di responsabilità. Anche i sindacati, con i quali vista la difficoltà del momento, è fondamentale costruire un rapporto di condivisione. Mi aspetto che il governo scelga tre o quattro riforme su cui puntare. L’importante è che, una volta spesi, questi soldi ci lascino in eredità un Paese più moderno e competitivo. E nello stesso tempo aumenti il livello di fiducia sia delle imprese che dei consumatori. Il patrimonio privato degli italiani ammonta a 1.400 miliardi. Se aumenta la fiducia, parte di questi soldi si trasformeranno in investimenti e consumi».
Quale sarebbe un tempo ragionevole per passare alla fase B, quella del confronto sulle misure?
«Non c’è spazio per i rinvii. Diciamo entro fine mese».
Come Confapi quando sarete sentiti?
«Abbiamo ricevuto la convocazione per mercoledì».
Diceva che il governo deve scegliere le riforme su cui puntare. Proposte?
«Primo: completare l’infrastruttura digitale, banda larga e 5G. E per il 5G bisogna guardare più a Washington che a Pechino per quanto riguarda i partner, i nostri dati vanno protetti.
Secondo: investire sui settori ad alto moltiplicatore di sviluppo. E quindi la filiera dell’automotive e le infrastrutture, intervenendo con piccoli appalti che facciano lavorare le nostre imprese.
Terzo: scuola e ricerca, favorendo l’innovazione di prodotto, i brevetti e la ricerca integrata con la piccola e media industria. Quarto: politiche per la crescita demografica. Le italiane hanno il primo figlio cinque anni più tardi delle francesi. Infine i giovani».
Aiutare i giovani vuole dire prima di tutto tenere sotto controllo il debito. Che invece aumenterà.
«Per questo andrebbe creato un ministero del Futuro affidato a un giovane di qualità, di 3o, 35 anni massimo. Dovrebbe vagliare le misure che vengono prese in un’ottica di sostenibilità per i giovani».
Da oggi le imprese possono chiedere i contributi a fondo perduto.
«Una buona notizia. Ma chiamarlo fondo perduto è improprio. Si tratta di un investimento sulla crescita»